Escursione alla grotta di S.Angelo e alla
Porta di Ferro,il 24 settembre del 1896.
Da Rivista Abruzzese XII (1897), II pp. 75/87.
di Giacinto Pannella.
Da villa Ripa, due chilometri ad occidente sulle
falde del monte dei Fiori, a un 700 m, si sale per sedici
rozzi gradini a pietra,si entra per una porta lunga un metro e
trenta, alta due e si ascende per un andito lungo 18 metri che ha
nei lati cavità ridotte a cellette di eremiti.
Alla fine dell'andito una seconda porta mette alla
caverna principale, ridotta a chiesa, illuminata dalla luce di un
unica finestra aperta sul fianco meridiano del monte e alla quale
si accede per 21 gradino.
Qui ,anche senza la vista della croce e dei due altari di
fronte, si fa di cappello e s'inchina riverenti la maestà del
luogo appena si pone il piede sul rozzo pavimento di grosse
lastre irregolari. Qui vaneggia caverna lunga e alta trenta
metri,metà larga.La grandezza de la natura non è guasta né
ingombra de l'opera de l'uomo,qui misera e rozza ,ma veneranda
per virtù di vita passata e per antichità d'arte. Un umile
sedile di pietra gira intorno alle pareti.A destra
dell'entrata,su un rozzo masso cilindrico un agnello di forme
tozze ed angolose sostiene sul dorso una mezza piramidetta quadra
e scavata,che fa da pila d'acqua santa:cilindro,agnello e
pila,tutto travertino alto 0.96 m. La semplicità e la rozzezza
delle forme fanno pensare ad un lavoro d'arte del mille ed anche
prima.
Sono egualmente antichi tre candelabri di pietra arenaria,alti
ciascuno 0.38 m. Dello stesso tempo si conserva un tronco, forse
di ciliegio,rozzamente scolpito, e avrà voluto dire un S.
Michele Arcangelo,agli occhi degli antichi devoti.Gli
altari,tutti e due aderenti alla parete de la caverna, l'uno poco
discosto dall'altro,alti quattro metri ciascuno,hanno due
nicchie,in una delle quali si conserva un S.Michele Arcangelo di
legno intagliato con qualche arte: è il moderno sostituito
all'antico.Di vari tempi, fuori e dentro delle nicchie, si vedono
pitture sbiadite;al sommo,un Cristo in croce,antico, ai lati un S.
Antonio di Padova e un S. Luigi, posteriori di molto. Sono
importanti le due lastre(1)
delle mense, in una delle quali, nell'altezza anteriore, si legge
scolpita alquanto con arte(2)
la iscrizione:
+ A.D.MCCXXXVI -VIKALENDASIULII-MAGISTER
PETRUS SOLITI
Ecco , in questa maestosa caverna , tutta
l'opera dell'uomo che nell'età primitiva, preistorica(3),la fece sua stanza; nei
tempi di mezzo rifugio, cella ,chiesa;nei tempi moderni spesso
nascondiglio di profughi e più spesso covo di banditi.
Quante sensazioni qui dentro scuotono le nostre fibre, quante
idee si affollano nella nostra mente!Ne fece suo giaciglio,
vestendovisi e spogliandovisi di ruvide pelli, l'uomo della
pietra; qua pregava,macerava le sue carni l'anacoreta avverso al
mondo(4);là entro spesso si
congiurava contro governi insipienti o stranieri, ovvero si
macchinava per quindi fuori dar di piglio all'avere ed alla vita.
E tanta eredità di bene e di male in una caverna!Qui si pare
davvero quanta ragione di grandezza abbia l'uomo a vantare ,e
quanta ragione insieme di miseria abbia egli a lamentare dall'età
della pietra a quella dell'oro.
Ma , in mano le torcie accese, i più coraggiosi visitano le
caverne interiori.Un misero ingresso ne mena alla grotta
oscura o del macigno: è spaziosa la metà della precedente. E
avanti , alla grotta delle stalattiti.Qui capitelli
pensili,colonnini tronchi,tortiglioni a destra,tortiglioni a
sinistra; ci sembra muovere tra trafori di marmi,che si
trasformano e si moltiplicano al muoversi delle nostre fiaccole.E
si va per anditi,angusti,tortuosi, che menano in altre caverne.
Siamo ad una colonna che sorregge una volta di nuova
caverna,detta da essa, della colonna.Si gira intorno alla
colonna,superba,maestosa stalagmite,degna de l'eterna opera di
madre natura;la luce delle torcie ne rischiara la bianchezza ai
nostri occhi.Si va innanzi ancora e si sale alla grotta dei
pistrelli.Questi si muovono di noi e sopra le nostre teste,a
stormi fuggendo la luce delle torcie,ma avanti sempre e coraggio,
ne attende la grotta della sorgente.Si sente uno sgocciolio
spesso e monotono e tra masso e masso scorre un rivoletto che fra
ombra e ombra si perde nelle fenditure.
Qui si arresta il nostro andare ,ma altre fenditure, fori e vani
in penombra si annunciano altre caverne.Di lontano,lontano,dal
fondo torna affiochita l'eco delle nostre voci e sembra aneliti
dell'anima del monte.
Fin qua, se non viene meno il coraggio,resta conquiso il senso
della curiosità e l'animo si appaga di queste nuove fantasie
della natura,che pur sono realtà, e si torna indietro.Ma chi può
ridir fuori,le nuove sensazioni provate dentro le caverne
vaneggianti nelle viscere del monte?Nella fuga degli anditi e de
le caverne rompere con la luce le ombre eterne, dominatrici del
luogo,è visione d'altra vita;là l'eco delle nostre voci e de i
nostri passi,che,ripetuta di vano in vano,si perde nel silenzio
della profondità,si crede voce avviata per vie misteriose e per
fili invisibili a regioni ignote,che ancora attendono il loro
Cristoforo Colombo.
Torniamo sui nostri passi e salutiamo, con le ginocchia della
mente inchine,la devota Grotta di S. Angelo e, dopo,due ore di
tenebra profonda,usciamo a rivedere la luce meridiana.
Altro spettacolo ne attende lungo il corso del
Salinello,rimontandolo, le falde de la montagna di Civitella a
destra e quelle de la montagna di Campli a sinistra;e andiamo in
cerca, ricordiamolo, della Porta di Ferro.
Diamo prima un'occhiata alla grotta di Salomone attratti dal
suo nome,poi entriamo in parecchie,ma,dopo quella di S.Angelo,nessun'altra
ne può fare meraviglia sebbene ognuna presenti qualchecosa di
speciale col suo nome,con la posizione e con la tradizione stessa
che quei quei buoni montanari vi ricamano attorno(5).
Desta la curiosità quella di Scocchietti,una delle molte abitate
sempre da mandriani,forse,crede il Rosa,senza interruzione,dai
tempi preistorici fino al nostro.Anche noi credevamo vedervi il
buon pastore,tutto vestito di pelle,poppare straiandosi per terra
ne le piene mammelle de le sue capre e farci l'idea e avere
l'immagine viva dei selvaggi,che nell'età de la pietra
dimoravano in quei luoghi. Ma non v'era più il vecchio robusto
settuagenario(6),già
vistovi dal Rosa nella primavera del 1871:l'angelo de la morte
aveva portato via anche lui!E fu per noi una mestizia.
E la Porta di Ferro? Eh! visitando le caverne,ci avanziamo ad
essa.Non possiamo non notare lo spettacolo di questi luoghi,che
fa spettacolo attorno;le rupi dei Gemelli curvandosi pare formi
un anfiteatro con gradoni maestosi,ove crescono spettatrici le
piante.Ma le rive di nuovo si allargano e prendono forma di
magnifico scenario variopinto,dal bianco al rossigno delle
rupi,al verde al giallognolo delle piante
sospese,pendenti,appollaiate,infisse nelle pareti
rotte,fesse,contorte;e l'insieme,dal greto del Salinello ingombro
di massi di varie grandezze e forme,alle rupi diseguali finienti
in curve capricciose ed in pinnacoli trapunti,orlati di
piante,prende aspetti e figure e fattezze come di nani,così di
giganti,come di mostri e di fiere,così di uomini e di donne.Ma
avanti,scendiamo dalla grotta de' Banditi e calchiamo di
nuovo il greto del Salinello.Le rupi a perpendicolo si stringono
quasi in un amplesso,si baciano;il Salinello mormora,anzi
rumoreggia,Niente, poichè non sono peccatrici là le forze de la
natura,esse ci danno la vista di grata cascatella de la corrente
che si frange fra masso e masso,e tra fesso e fesso scappa giù e
si spande tra nuove rive e nuovi massi.
Per risalire ed andare avanti è giocoforza assoggettarci alla
prova de la cascatella e riceverci la doccia come Dio o le rupi
la mandano sopra.Ac...,com'è gelida!Anche questa, dopo due ore
di cammino!Meno male,chè l'altopiano del Salinello è tutto
alberi;alberi a destra , alberi a sinistra,sulle rupi sul
greto,innanzi, ovunque;essi confondonsi,intrecciansi, e fanno per
ogni verso festoni e corone,e il tutto addobato a festa ci fa
ricordare che non dev'essere lontana la Porta di Ferro. Sembra
vederne le imposte, sentire stridere i cardini.Ma ahi! essa è
chiusa,ci ripete un Mefistofele a lato,con tanto di
catenaccio;custodisce mucchi d'oro,d'argento e di rame,un tesoro
di monete;in fondo alla grotta,leggiadra fanciulla,di notte e di
giorno,continuamente,è intesa all'opera della spola,e tesse e
tesse.Un frate sempre diritto,in silenzio fa la guardia del
tesoro e non apre che al colpo de la verghetta dato dalla
fata,bianco vestita come neve da le piante alle chiome,tutta
chiusa nel silenzio;o apre a chi porta la scritta lasciata dal
frate alla più povera famiglia,ma la più onesta una volta ,oggi
anche la più ricca.Disgraziato chi la trasgredisce la scritta
nei patti!Questa dice :"Vi vada solo ne la notte fonda,ogni
tre ani,prenda a sua possa,nel primo triennio monete di rame,nel
secondo monete d'argento,nel terzo moinete d'oro;così nella
successione dell'eredità,sempre, senza fine." Un avido
discendente trasgredì caricandosi prima di oro,ma le imposte si
chiusero e l'oro con metà il corpo di lui rimase dentro e
l'altra metà piombò nel Salinello, che nella sua corrente la
travolse seco.E ancora si va, portati dal desiderio sempre
crescente di vedere alfine la Porta.
Siamo vicini,ogni pesta d'uomo è scomparsa,chè il sentiero dei
carbonari,dei legnaiuoli e dei pastori,segnato lungo il
greto,sale a sinistra e s'inselva a monte;noi si cammina a
ritroso de la corrente,avanti, su. Bello a vedersi:le rupi
brulle, bronzine e perpendicolari si avvicinano fino
all'orizzonte , fino al cielo l'una all'altra, ma impedisce il
loro abbracciamento un masso ferrigno che le tocca ai fianchi in
due punti e non lascia passare tra loro che fili d'acqua e fili
d'erba... e la fata bianco vestita accostandosi con la verghetta
in mano... e il fortunato successore che porta la scritta...
Ecco la Porta di Ferro.
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