Escursione sul monte di Civitella,
il 17
settembre del 1896.
Da rivista Abruzzese XII (1897),II pp.75/87 di
Giacinto Pannella.
Il monte attrae e l'amore dell'altezza è stimolo e sprone a
salire e a risalire.Dal monte di Campli a quello di Civitella è
breve il passo; ne divide solo il corso del Salinello.
Or quell'amore che ci menò al primo, ci mena dopo soli quattro
giorni al secondo, e per nuove vie ci conduce a nuovo monte.Anche
la comitiva è in parte nuova, ch'è del numero un Ercole, un
colosso d'un quintale di buono peso, Fidanza padre;ha seco
Fidanza figlio, collegiale che conta solo una dozzina di anni. E
salgono e scendono come gli altri alacremente, e provano col loro
esempio che tutti con un po' di buona voglia possono ascendere le
Gemelle. Ma avanti,lasciamo Garrufo, il noto nostro punto di
partenza, e riprendiamo la via ai monti. Essa questa volta è
lunga, è nulladimeno la Strada Grande sul fianco orientale
della montagna di Campli.
Si sale piacevolmente;sotto rumoreggia il Salinello,di contra
protende i fianchi il monte di Civitella,nostra meta.Si va per
molti chilometri per strada ombreggiata dalla boscaglia, che
verso settentrione si fa più ricca e più maestosa, e l'occhio
si perde vagamente tra il folto de le piante e la vaghezza
dell'orizzonte,il quale muta ad ogni svolta di sentiero.
Ammiriamo tanta ricchezza di bosco e facciamo voto che la legge
la salvi dalla rapina dei legnaiuoli, piccoli e grossi e dai più
fieri distruttori di boschi,dai carbonari. Per quella selva di
alberi,che per ogni dove incanta il nostro sguardo,ci facciamo a
vagare con la fantasia e vediamo figure assai varie e strane
moventisi in quella folta irregolare di faggi e di pini ,d'aceri
e d'abeti. Ma avanzandoci, l'orizzonte s'apre, la corrente del
Salinello piega ad occidente,la selva finisce e si para avanti
nuovo spettacolo: il Castello
di Re Manfrino o Mambrino
.
Le pareti delle Gemelle
accostandosi formano de le rocce un arco naturale a pié
del Castello,e a lato , con masso piramidale staccato,la torre detta di S. Francesco.
Qui Filippo Iannetti ed io ,due della comitiva ,lasciamo avanzare
gli altri per la curva via dei molini e sotto Macchia da Sole
risalire ed attendere a settentrione del Castello; e noi già ci
precipitiamo a toccare il fondo del Salinello in cerca de la
Porta di Ferro,che non si può aprire,perchè,dicesi,chiude una
grotta piena di Tesori.Tra piante ,tra massi scendiamo con la
corrente, intenti a trovare la Porta di Ferro;ma ,dopo una buona
mezz'ora di arrampicamento siamo stretti dalle pareti
perpendicolari che con un enorme masso ne sbarrano la via del
letto,e la corrente precipita giù a cascatella.
Lo
spettacolo è magnifico, ma non si può più ire avanti,e
conviene rinunciare alla Porta di Ferro e tornare sui nostri
passi;allora ci indirizziamo da mezzogiorno al
Castello,rimontando la sponda sinistra.
Saliamo ed entriamo,Oh!Sono rovine,maestose si, ma rovine.Silenziosi
ci aggiriamo per le stanze e pei vani,smantellati,dimezzati e
parecchi rasi al suolo. Prendiamo note e misure:è lungo da
mezzodì a settentrione 160 metri, è largo ove 30, ove 50.Quasi
tre maschi della fortezza restano in piedi ancora,dell'altezza di
un 15 metri.Fra le rovine distinguiamo le costruzioni dei Romani
e quelle del Re Manfredi,castro per quelli e rocca per questo(1).
Come edificio, nei giorni del suo splendore,dovè sorgere rocca
inespugnabile tra quei monti! Esso dovette essere stazione
magnifica alle legioni romane,poichè ancora dalle sue rovine
spira terrore. Si eleva su un poggio ad un mille e trecento
metri,guarda le sorgenti del Salino a S.Sisto,convento
diruto,più in alto e più lungi,il Pizzo di Sevo a destra, e il
Pizzo di Moscio a sinistra col Guado di Annibale e la Macera
della Morte nel mezzo,la Carriera della Fata Sibilla, e più
lungi ancora,il monte Sibilla a settentrione, le Rocche di San
Nicola,di S. Felicita verso il mare,infine Bellante e Tortoreto a
mazzogiorno.Così è ben posto alla vedetta su la via
Metella,ramo che si ricongiunge alla vicina Salaria non molto
lontana dalla città picena,Asculum,la forte.
Oggi vi si aggirano di notte per gli uni gli antichi spiriti,per
gli altri i gufi e gli scavatori di tesori nascosti;di giorno i
pastori e le greggi e qualche visitatore pellegrino. In mezzo a
quelle solitudini,quante ricordanze di grandezze passate da
Annibale a Manfredi! dal castro romano, o stazione de la Metella
o meglio Cecilia ,ramo della Salaria, al Castello Svevo! Alla
vista delle rovine,rivive nella fantasia l'intero edificio,giunge
all'orecchio l'eco delle legioni romane ripercorsa dalle valli e
dai poggi attorno,ricchi un dì più che oggi da chiare e fresche
acque;d'erbe e di piante. Sono queste le vicende delle cose umane.
E pure tanto segno di veneranda antichità marziale l'ho cerco
invano indicato dall'antica carta levata al 20000 dall'ex ufficio
topografico di Napoli,quotata e riconosciuta sul terreno,né in
quella dell'Istituto geografico militare(2) levata nel 1876.Forse
l'hanno preso per opera di giganti e relegato tra le carte
mitologiche!
Ma noi riconfortato lo spirito e il corpo,riprendiamo la salita
pei Canavini,casale non indicato nelle solite carte,alla
volta del Monte dei Fiori. Raggiungiamo all'una e mezzo un alto
piano a 1500 metri accanto alla vetta,un bel pascolo,che ha in
mezzo un laghetto de la circonferenza di 200 metri al
livello ordinario.
Alle tre, su la prima delle tre vette ,ch'é anche la più alta ,1797
m ,detta Girello,corruzione forse di Gemello,poi sulla seconda
che si dice di Civitella verso la Fortezza,quindi,più a
settentrione, su quella dal nome dei Fiori. Ma sono espressioni
che spesso si confondono e dicono indifferendemente tutta la
montagna.Ci aggiriamo un po' dall'una all'altra de le vette ,e
vediamo a mezzodì del monte una fontana,
e a
settentrione un altro laghetto più vasto del primo.
Presso la
torretta, oggi quasi adeguata al suolo,elevatavi dagli
ingegneri,già un mezzo secolo,per gli studi delle Carte
topografiche ,un amico mi fa notare un ricordo lasciato dal
collega prof. Passeri,che pochi di prima v'era salito per
Cerqueto movendo da Cornacchiano,stanza del suo villeggiare.
Su in alto un nome , un cognome di persona nota ed anche ignota
desta un senso di piacere, insolito nel basso.Anche questo si
gode sui monti!
Pare ad un tirar di pietra il monte di Campli, siamo quasi alla
stessa altezza e perciò quasi allo stesso orizzonte e , sotto
questo aspetto,chi vede l'uno vede l'altro. Scendiamo alle tre e
in luogo di Cerqueto, quasi senza volerlo,prendiamo la più
breve,ma anche la più disagiata ed ardita discesa , giù a la
volta di mezzogiorno e ci ritroviamo alle falde, presso la Villa
Ripa, ove ci fa le accoglienze oneste e liete il Priore Franchi
coi fratelli attorno,veramente gradite da noi dopo dodici ore di
salire e scendere. Fortunata Ripa! Ne' tuoi Priori l'ospitalità
è ormai tradizione e passa bene dagli Egidii ai Franchi.
Sembra finita l'escursione , e pure altro resta a vedere. Dall' alto,
intorno ai fianchi e alle falde, specie della montagna di
Civitella , abbiamo mirato
buchi,fenditure, caverne,grotte;abbiamo guardato il corso
fantastico del Salinello tra i due monti. E siamo scesi con la
voglia di vedere. Ma l'ora tarda,le sei,non ci permette che dare
un'occhiata al primo tratto del fiume,che pare esca dalle strette
gole dei due monti a rivedere la luce,e fare una prima visita
alla maestosa Grotta di S.Angelo
per cogliere le prime impressioni. È l'ora che volge al desio e
un pallido raggio di Luna piove dalla finestra nella grotta
maggiore:quella sera si va via muti. Ma torniamo a visitare l'una e
l'altro,la grotta e il fiume, il dì ventiquattro .Oh! ecco tre
numeri 13,17,24. Mandiamoli nel piano,grave fatica,l'ambo ai
fedeli delle superstizioni e il terno ai devoti delle cabale,e
andiamo ancora vedendo altre meraviglie.
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